Ho scattato la prima foto nel 1962, all’età di 8 anni, con una Kodak Instamatic 50!
E’ ovvio che un “vecchio” fotografo come me, pur utilizzando in pieno le nuove fotocamere digitali ed apprezzando la magia di Photoshop, non può dimenticare il fascino delle pellicole in bianco e nero e ragionare anche in ASA anzichè in ISO. Scattare foto con fotocamere a pellicola è come ascoltare musica sul vinile o leggere un libro di carta piuttosto che un ebook. Un richiamo vintage che attira sia coloro che hanno vissuto la stagione analogica sia i millennials che scoprono per la prima volta l’esistenza di pellicole o del vinile. E poi è anche una questione sensoriale, laddove con l’analogico, anche gli odori, come quello dell’emulsione della pellicola, stimolano la creatività.
Ho rimesso in funzione le mie fotocamere analogiche, (con la Minox 35 GT mi son dovuto “inventare” la batteria dell’esposimetro, perchè quella originale è introvabile) e mi sono divertito a catturare immagini su pellicola.
Che esperienza fantastica!
Dalla macchinosità di caricare un rullino, al fruscio della pellicola che scorre sulla bobina, dall’ansia di averla avvolta correttamente, all’attesa di vedere, dopo giorni, il risultato degli scatti, tutto ciò contribuisce a rendere la fotografia analogica un mondo affascinante.
La gamma dinamica ridotta e la presenza di sporco sui negativi equivalgono al rumore provocato dalla polvere nei solchi di un disco; nulla a che vedere con la perfezione digitale ma il fascino di una scala di grigi di un fotogramma esposto correttamente, ci appaga come ogni opera unica ed irripetibile.