Frammenti visivi di Ischia, Napoli e dintorni
dal 9 luglio Terme Comunali di Ischia
dal 1500, per circa 250 anni, Napoli conobbe la triste gogna del vicereame; prima i francesi poi aragonesi e spagnoli fino agli austriaci; due secoli di sfruttamento, incuria e violenze, durante i quali il popolo versò in condizioni di abbandono e terrore, attraversando avversità di ogni genere, calamità naturali, la piaga della pestilenza e la povertà assoluta.
Napoli era una città che viveva in grave arretratezza sociale, economica e culturale.
Nel 1734 però, Carlo III, figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese, entrò trionfante nella città e si autoproclamò Re di Napoli e delle due Sicilie; in breve tempo il Re ne fece la capitale di uno Stato che, finalmente, diventava sovrano e indipendente e che, col passare degli anni, ebbe un discreto sviluppo economico, conoscendo anche prosperità.
Da subito Carlo III si mise all’opera: ordinò la costruzione di almeno 6 siti reali (in tal modo la presenza del sovrano poteva “sentirsi” in tutto il regno), il Regio Teatro di San Carlo, il più grande teatro d’Europa (che divenne ben presto il riferimento della musica europea settecentesca), l’Albergo dei Poveri (a testimonianza di sensibilità verso le classi meno abbienti) e dette avvio agli scavi di Ercolano e di Pompei.
Un Re benefattore ed illuminato che con le sue azioni ed intuizioni, condusse Napoli ad essere una capitale, degna di Parigi, Londra e Madrid.
Il popolo conobbe finalmente un certo benessere; si sviluppò un artigianato di qualità e con esso si sprigionò tutto il potenziale artistico e culturale, fino a quel momento represso. Musica, pittura, scultura e scienza portarono Napoli alla ribalta internazionale fino al punto che la città partenopea divenne la meta più ambita tra i nobili e i ricchi che intraprendevano il Grand Tour.
Grand Tour era un avventuroso viaggio di settimane o mesi, durante il quale giovani aristocratici perfezionavano il loro sapere e la loro conoscenza. Questi viaggiatori, tornando al luogo di partenza volevano portare con se ricordi del loro viaggio.
Non essendoci altro modo per catturare immagini o momenti importanti, come oggi si farebbe con una fotocamera, uno stuolo di pittori si specializzò nel vedutismo, uno fra tutti, Philippe Hackert celebre per le sue gouaches del Vesuvio in eruzione, che divenne, in seguito, pittore di corte.
Tantissimi erano i richiami della capitale del neoclassicismo settecentesco: le meraviglie monumentali, le opere d’arte, lo sfarzo della nobiltà partenopea e la bellezza del paesaggio facevano innamorare più di un viaggiatore.
Sul registro dei visitatori degli Scavi di Ercolano, tra le centinaia di firme sconosciute, si leggono quelle di Lamartine, Dumas, Alfieri, Byron, Goethe e tanti altri uomini illustri.
Wolfgang Goethe dedicò pagine e pagine su Napoli e dintorni, nel suo libro “viaggio in Italia”; Goethe si mostrò entusiasta davanti alla bellezza dei monumenti e della natura, ma divenne molto critico nei confronti del popolo, giungendo a confessare ad un amico “Napoli è un paradiso abitato da diavoli!”.
Questa è la chiave interpretativa della mia ispirazione e queste sono le basi storiche del mio lavoro di fotografo.
Per circa 250 anni di vicereame, Napoli conobbe la triste gogna della dominazione spagnola prima e quella austriaca in seguito; due secoli di sfruttamento, incuria e violenze, durante i quali il popolo versò in condizioni di abbandono e terrore, attraversando avversità di ogni genere, calamità naturali, la piaga della pestilenza e la povertà assoluta.
Napoli era una città che viveva in grave arretratezza sociale, economica e culturale.
Nel 1734 però, Carlo III, figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese, entrò trionfante nella città e si autoproclamò Re di Napoli e delle due Sicilie; in breve tempo il Re ne fece la capitale di uno Stato che, finalmente, diventava sovrano e indipendente e che, col passare degli anni, ebbe un discreto sviluppo economico, conoscendo anche prosperità.
Da subito Carlo III si mise all’opera: ordinò la costruzione di almeno 6 siti reali (in tal modo la presenza del sovrano poteva “sentirsi” in tutto il regno), il Regio Teatro di San Carlo, il più grande teatro d’Europa (che divenne ben presto il riferimento della musica europea settecentesca), l’Albergo dei Poveri (a testimonianza di sensibilità verso le classi meno abbienti) e dette avvio agli scavi di Ercolano e di Pompei.
Un Re benefattore ed illuminato che con le sue azioni ed intuizioni, condusse Napoli ad essere una capitale, degna di Parigi, Londra e Madrid.
Il popolo conobbe finalmente un certo benessere; si sviluppò un artigianato di qualità e con esso si sprigionò tutto il potenziale artistico e culturale, fino a quel momento represso. Musica, pittura, scultura e scienza portarono Napoli alla ribalta internazionale fino al punto che la città partenopea divenne la meta più ambita tra i nobili e i ricchi che intraprendevano il Grand Tour.
Grand Tour era un avventuroso viaggio di settimane o mesi, durante il quale giovani aristocratici perfezionavano il loro sapere e la loro conoscenza. Questi viaggiatori, tornando al luogo di partenza volevano portare con se ricordi del loro viaggio.
Non essendoci altro modo per catturare immagini o momenti importanti, come oggi si farebbe con una fotocamera, uno stuolo di pittori si specializzò nel vedutismo, uno fra tutti, Philippe Hackert celebre per le sue gouaches del Vesuvio in eruzione, che divenne, in seguito, pittore di corte.
Tantissimi erano i richiami della capitale del neoclassicismo settecentesco: le meraviglie monumentali, le opere d’arte, lo sfarzo della nobiltà partenopea e la bellezza del paesaggio facevano innamorare più di un viaggiatore.
Sul registro dei visitatori degli Scavi di Ercolano, tra le centinaia di firme sconosciute, si leggono quelle di Lamartine, Dumas, Alfieri, Byron, Goethe e tanti altri uomini illustri.
Wolfgang Goethe dedicò pagine e pagine su Napoli e dintorni, nel suo libro “viaggio in Italia”; Goethe si mostrò entusiasta davanti alla bellezza dei monumenti e della natura, ma divenne molto critico nei confronti del popolo, giungendo a confessare ad un amico “Napoli è un paradiso abitato da diavoli!”.
Questa è la chiave interpretativa della mia ispirazione e queste sono le basi storiche del mio lavoro di fotografo.
Per circa 250 anni di vicereame, Napoli conobbe la triste gogna della dominazione spagnola prima e quella austriaca in seguito; due secoli di sfruttamento, incuria e violenze, durante i quali il popolo versò in condizioni di abbandono e terrore, attraversando avversità di ogni genere, calamità naturali, la piaga della pestilenza e la povertà assoluta.
Napoli era una città che viveva in grave arretratezza sociale, economica e culturale.
Nel 1734 però, Carlo III, figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese, entrò trionfante nella città e si autoproclamò Re di Napoli e delle due Sicilie; in breve tempo il Re ne fece la capitale di uno Stato che, finalmente, diventava sovrano e indipendente e che, col passare degli anni, ebbe un discreto sviluppo economico, conoscendo anche prosperità.
Da subito Carlo III si mise all’opera: ordinò la costruzione di almeno 6 siti reali (in tal modo la presenza del sovrano poteva “sentirsi” in tutto il regno), il Regio Teatro di San Carlo, il più grande teatro d’Europa (che divenne ben presto il riferimento della musica europea settecentesca), l’Albergo dei Poveri (a testimonianza di sensibilità verso le classi meno abbienti) e dette avvio agli scavi di Ercolano e di Pompei.
Un Re benefattore ed illuminato che con le sue azioni ed intuizioni, condusse Napoli ad essere una capitale, degna di Parigi, Londra e Madrid.
Il popolo conobbe finalmente un certo benessere; si sviluppò un artigianato di qualità e con esso si sprigionò tutto il potenziale artistico e culturale, fino a quel momento represso. Musica, pittura, scultura e scienza portarono Napoli alla ribalta internazionale fino al punto che la città partenopea divenne la meta più ambita tra i nobili e i ricchi che intraprendevano il Grand Tour.
Grand Tour era un avventuroso viaggio di settimane o mesi, durante il quale giovani aristocratici perfezionavano il loro sapere e la loro conoscenza. Questi viaggiatori, tornando al luogo di partenza volevano portare con se ricordi del loro viaggio.
Non essendoci altro modo per catturare immagini o momenti importanti, come oggi si farebbe con una fotocamera, uno stuolo di pittori si specializzò nel vedutismo, uno fra tutti, Philippe Hackert celebre per le sue gouaches del Vesuvio in eruzione, che divenne, in seguito, pittore di corte.
Tantissimi erano i richiami della capitale del neoclassicismo settecentesco: le meraviglie monumentali, le opere d’arte, lo sfarzo della nobiltà partenopea e la bellezza del paesaggio facevano innamorare più di un viaggiatore.
Sul registro dei visitatori degli Scavi di Ercolano, tra le centinaia di firme sconosciute, si leggono quelle di Lamartine, Dumas, Alfieri, Byron, Goethe e tanti altri uomini illustri.
Wolfgang Goethe dedicò pagine e pagine su Napoli e dintorni, nel suo libro “viaggio in Italia”; Goethe si mostrò entusiasta davanti alla bellezza dei monumenti e della natura, ma divenne molto critico nei confronti del popolo, giungendo a confessare ad un amico “Napoli è un paradiso abitato da diavoli!”.
Questa è la chiave interpretativa della mia ispirazione e queste sono le basi storiche del mio lavoro di fotografo.
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© 2020 Copyright Antonio Gargiulo | Design Rosaria Millo
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